Tutto è iniziato al Lucca Comics & Games, con Bertold Brecht. Correva l’anno 2000 e qualcosa. Uno degli ospiti più importanti del Lucca Comics & Games era Michael Moorcock, autore di vari romanzi sword & sorcery, insieme a uno degli artisti più influenti nel dare un volto al suo personaggio più famoso, Elric di Melniboné. Durante l’intervista, allo scrittore viene fatta una domanda inusuale, una mera curiosità: come mai nel primo libro della saga di Elric (edizione Fanucci) c’è una dedica a Brecht, e nello specifico alla sua Opera da tre soldi?
Non è inusuale che uno scrittore inserisca una dedica a inizio libro, ma nella contemporaneità siamo abituati a leggere frequenti ringraziamenti a genitori, coniugi, figli e così via. Persone importanti nella vita dell’autore, là dove in passato si ringraziava il mecenate o la musa ispiratrice dell’opera. Nella dedica di Elric, Moorcock ci mette Bertold Brecht, drammaturgo.
La risposta di Moorcock è stata fin troppo esaustiva, aprendo uno scorcio illuminante su quali fosse l’orizzonte culturale entro cui lo scrittore scriveva le prime avventure del negromante albino. Più in generale, mi consente ora di inquadrare il ruolo del Campione Eterno nel multiverso. Almeno per il momento, tuttavia, lascerò in pace il solito Elric e prenderò in prestito un’altra incarnazione del Campione: John Daker/Erekosë.
Inizierei proprio dai libri.
Il ciclo propriamente definito del Campione Eterno, come è stato a suo tempo pubblicato da Fanucci, si compone di tre libri. Poiché, come accennavo prima, il Campione ha avuto altre e forse più famose incarnazioni, ci si potrebbe chiedere come mai abbia un ciclo dedicato, oltre a quelli dei vari eroi moorcockiani. Ciò è presto detto: John Daker a differenza degli altri è cosciente del proprio ruolo e ricorda molte delle le sue vite precedenti! Questa peculiarità non si rivela per lui un vantaggio, anzi. Daker infatti è vittima di una sorta di maledizione che l’ha prima relegato nella noiosissima Londra degli anni ’50 e poi costretto a rammentare le sue infinite vite, tutte dedite alla guerra e senza la speranza di un riposo.
Perché il Campione Eterno è sempre in guerra, anche se suo ruolo non è sempre ben definito all’interno del Multiverso: a volte combatte per la Legge, a volte per il Caos, ma sempre e comunque il suo intervento è votato al ripristino dell’Equilibrio Cosmico. Legge e Caos non sono sempre i nomi delle forze positive e negative che si contendono di volta in volta il destino del mondo (in un dato spazio e in un dato tempo), così come non sempre c’è la magia in gioco, ma sempre si tratta di un momento di svolta, di cambiamento, in cui è richiesto l’intervento di un mortale, non necessariamente un essere umano, affinché la transizione vada a buon fine.
Immaginate quindi queste due forze, una positiva (la Legge) e l’altra negativa (il Caos), ciascuna con le sue mire su quel preciso punto dello spazio-tempo, per la cui realizzazione operano attraverso i rispettivi agenti. Nel mezzo c’è un concetto di equilibrio che si configura anch’esso come una forza inarrestabile, anche più delle prime due: il Fato degli antichi, al di sopra degli Dei stessi, che ogni volta richiama il suo campione per traghettare il mondo al di là della rottura creatasi.
La necessità dell’intervento del singolo è molto interessante, e in qualche modo si ricollega a Brecht. Non tanto all’opera citata in sé, forse, quanto a tutta una serie di letture che influenzarono il giovane Moorcock, appartenenti o influenzate dall’esistenzialismo. Lungi da me il voler fare un sunto di questa filosofia, l’esistenzialismo è un pensiero che pone al centro del discorso filosofico l’uomo, il singolo individuo, a cui addossa la responsabilità delle proprie scelte. L’esistenzialismo si è sviluppato in molte scuole o correnti, che piazzano l’individuo di fronte all’angoscia dell’esistenza e, quando va bene, ne ammettono il rinnovamento nell’ambito di un moderno umanismo.
Il pensiero di Jean Paul Sartre, per esempio, si evolve in umanismo dopo esser sopravvissuto a tutti gli stadi dell’angoscia… e alla Seconda Guerra Mondiale, che comprensibilmente segnò un po’ tutti. La sua è una filosofia atea, mentre ce ne sono altre che non escludono Dio; proprio per questo motivo non è molto vicina, forse, al gioco di forze cosmiche immaginato da Moorcock. Ciononostante, Sartre è l’unico autore di cui ricordo qualcosa e perciò tenterò lo stesso di usarlo in questa pseudo-trattazione.

Libertà assoluta, quindi? Certo, la si potrebbe desumere dal fatto che la responsabilità delle azioni ricade interamente sul singolo e che l’incontro fra due individui degenera, almeno nei primi scritti di Sartre, in un conflitto tra autocoscienze. Se ipotizziamo un individuo egoista e senza restrizioni, né morali né fattuali, possiamo facilmente immaginare la sua tendenza a prevaricare gli altri pur di ottenere ciò che vuole. Tuttavia, come accennavo prima, nel multiverso di Moorcock il Campione ha molti vincoli e il suo operato non è affatto libero. Su di lui ricade una responsabilità immensa, inimmaginabile, ma il suo libero arbitrio è pur sempre vincolato alla necessità dell’Equilibrio di superare la rottura a cui tendono le due forze cosmiche. Altrimenti a che serve?
La questione della libertà è affrontata nel primo dei libri di Daker, in cui viene richiamato come Erekosë in qualità di campione dell’umanità contro gli Eldren. Si trova così alla guida degli eserciti dell’umanità unita, su un campo di battaglia planetario dove i due popoli si contendono la sopravvivenza della specie.
Non c’è speranza di dialogo tra umanità ed Eldren, come in molta narrativa fantasy. Ciò che mi ha colpito, in questo libro, è stato però il sovrapporsi alla ragion di stato delle motivazioni personali dell’eroe, che influenzano il suo agire e persino il destino del mondo. Per questo mi piace immaginarlo come nella seconda copertina che ho inserito, in aperto contrasto con la prima, perché credo che raffiguri meglio il suo ruolo e che, al tempo stesso, identifichi meglio il ruolo con la persona destinata a ricoprirlo.
Ma sul destino del Campione torneremo ancora, prossimamente, con gli altri due libri della saga.
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