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“La rotta di Glauco” di Maria Silvia Codecasa

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Non conoscevo Glauco, ma conosco gli argonauti e non dovrebbe stupirvi. Quando ho letto sul retro di copertina di questo libro che aveva a che fare con Giasone e compagni, è stato naturale portarmelo a casa, salvo poi scoprire che il presunto protagonista era in realtà un pretesto per una ricerca molto più profonda.

Ne avevamo già parlato, almeno marginalmente, del fatto che nella tarda età del bronzo c’era un mondo piccolo ma globalizzato, con regni grandi e piccoli che sono collassati intorno al XII secolo a.C.; la ricerca di Maria Silvia Codecasa è incentrata su quei grandi spostamenti di merci, lingue e culture che ha fatto sì che una antica divinità greco-micenea come Glauco sia oggi ricordata in un borgo dell’Isola d’Elba. Oggi di questi antichi spostamenti abbiamo solo i reperti e le storie. Si racconta, per esempio, che Giasone e i suoi ci arrivarono, in Italia, e che uno di essi si chiamava Glauco. Secondo Apollonio Rodio, invece, Glauco è la divinità marina che soccorre i naufraghi, nello specifico gli argonauti in un momento difficile del loro viaggio. E siamo cinque secoli prima della Magna Grecia, o giù di lì. Ma greci dell’epoca micenea non erano i soli a viaggiare. Erodoto ci racconta che gli Etruschi si insediarono in Italia provenendo dalla Lidia, una antica regione dell’Anatolia, guidati dal prLa rotta di Glauco - Copertinaincipe Tirreno… vi ricorda qualcosa?  Ci sono poi i reperti archeologici, naturalmente, che suggeriscono una loro provenienza orientale.

Queste due storie sono emblematiche, perché mi trasmettono un forte senso di profondità temporale della storia umana, fatta di persone che hanno girato il mondo e gettato i semi per lo sviluppo delle successive civiltà. Un simile fascino deve averlo subito anche la Codecasa, che decide di intraprendere un viaggio su una barca modesta (che rinomina Tirreno) per raggiungere dall’Elba la città lidia di Smirne, che oggi si trova in Turchia. Erano gli anni in cui si riapriva il dibattito sull’origine degli Etruschi e l’esploratore britannico Tim Severin ripercorse a sua volta la rotta di Giasone e quella di Ulisse.

Il viaggio di Maria Silvia Codecasa si compone in quattro parti, così come il libro, compiute in anni diversi. Il primo, quello sul Tirreno, naufraga in Grecia. Nei successivi esplora le isole e l’entroterra greci e la costa della Turchia, una terra storicamente contesa tra questi due popoli. Il libro La rotta di Glauco racconta questi viaggi, intrapresi negli anni ’80 per rintracciare i viaggiatori anonimi che diffusero la civiltà nell’area del mediterraneo. Più precisamente, si tratta di un viaggio indiziario, basato sulla mitologia, alla ricerca di tradizioni popolari, credenze e toponimi che lascino intravedere gli spostamenti di questi anonimi benefattori che oggi ricordiamo attraverso le gesta dei grandi eroi del mito.

Un viaggio indiziario, dunque. Il libro stesso non lo definirei storico, perché non ne ha l’approccio, bensì una raccolta biografica di memorie dell’autrice sui suoi studi antropologici e naturalistici a supporto di alcune teorie sul passato remoto della nostra civiltà. L’autrice stessa emerge prepotentemente dalle pagine di questo racconto, insieme alle persone che l’hanno accompagnata nei suoi viaggi. Anche per questo esito a misurare la narrazione sul piano storico. Non sono infrequenti infatti le digressioni sulla storia recente e l’irruzione di opinioni personali dell’autrice su tematiche attuali, con le quali personalmente sono in disaccordo. Ma questo è il rischio e insieme il bello di questo tipo di storie, da cui lo scrittore o la scrittrice, come dicevo, emergono. La Codecasa, classe ’24 ed esule di Fiume, eccede forse nella nostalgia e nella critica al progresso, ma è anche una donna coraggiosa e determinata, che ha vissuto esperienze davvero straordinarie, e sono contento che abbia voluto condividerle.

Tirando le somme, non so bene a chi consigliare una lettura come questa. A qualcuno come me, forse. Sull’argomento c’è dell’ottima saggistica, ma la particolarità di questo percorso è proprio nel modo in cui l’autrice lo racconta, come una specie di dialogo in cui uno dei due interlocutori è la Storia, questa misteriosa! Ad accompagnarla ci sono tutta una serie di figure su cui ho taciuto, ma penso abbiano arricchito lei tanto quanto arricchiscono la narrazione.

 

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